OPERA IS TRUTH AND CARUSO IS QUEEN

L’enorme CORNICE che circonda l’attore, nella sua rappresentazione, è “IL FALSO”: scene, trucco, costumi, luci, musiche, tempo, spazio irreale, pubblico …

Possiamo sforzarci per rendere il tutto piu’ verosimile possibile, ma sarà sempre FALSO!

E l’attore ?

Se l’attore sarà anche lui falso... resterà una cornice ... solo la CORNICE!

Ed il testo , i personaggi ...le storie?
Sono solo parole morte e sepolte!
... siamo qua signori in cerca di un autore...” I sei personaggi di Pirandello , cercano disperatamente qualcuno che faccia VIVERE loro, la propria vita, la stessa che è ingabbiata e sepolta tra carta e inchiostro o prigioniera nel “cassetto della fantasia ed immaginazione”... Non vogliono essere raccontati ! E mi sembra anche giusto !
Perché mai condannarli alla letteratura...”LETTERATURA” mi richiama alla mente un matrimonio di parole [lettura]+[sepoltura] “LETTERE SEPOLTE “.
Ma ritorniamo alla nostra CORNICE !
Manca il quadro ! L’OPERA!!!
...OPERA IS TRUTH AND CARUSO IS QUEEN” (l’opera è verità Caruso la regina) , cosi’ urlava Patty Smith nel suo “omaggio a Pasolini”.
Per cui l’attore ha il dovere morale, sociale ...artistico (ed anche il “piacere”) di essere il portatore della VERITÀ, senza cui non vivrebbe l’OPERA, i suoi personaggi, le storie e non vivrebbe neppure l’attore!!!
 
Premesso questo,l’attore, puo’ scegliere : essere anch’egli una parte integrante di quella CORNICE di falso (che adornerebbe il vuoto) o essere parte integrante, “contenuto” del “QUADRO” , vivendo oltre alla sua, altre innumerevoli vite, siano esse travagliate, felici, subdole, astute, ricche , povere ,disgraziate ... ma sempre altre VITE.
 
Molto probabilmente “ l’atto artistico “ dell’attore è proprio quello di vivere in un mondo finto (la cornice) la Verità ed è estremamente piu’ complesso che viverla in mondo vero!
Stanislavskij afferma “ non è importante se tu reciti bene o male , ma è importante che tu “reciti” vero...”
 
Ma cos’è la Verità ?
Non è certamente l’imitazione o la finzione esteriore ...
È verità tutto cio’ che è vissuto ... azioni, pensieri, emozioni, parole...
La verità “rivissuta”, diviene in tal caso “atto artistico” qualificandosi con il suo “linguaggio visivo”, non come mera dimostrazione edonistica con tutte le sue eredità larvate e palesi, non manifestazione “estetica” da fruire e consumare, ma attestazione e testimonianza di esperienze passionali, pensieri logici e irrazionali, visioni originali e creative, incondizionate nel tempo... ETERNE!
 
§.. [...si a me stesso !!!]
Molti attori si impongono, volontariamente o involontariamente una barriera verso il personaggio che devono “rappresentare” , alla fine ne risulta che “attore” e “personaggio” non sono neppure “conoscenti”. L’attore si appropria delle parole scritte del testo , primo elemento necessario a far rivivere un personaggio partorito dall’arteriosclerotico pensiero di un autore, e “rilegge” queste parole , mitragliando di suoni il pubblico, con piu’ o meno virtuosismo nel migliore dei casi... ma sempre “solo suoni VUOTI” . All’attore non resterà altro che farsi “ammirare” per la sua rilettura e attirare su di se tutta l’attenzione, dimenticando, anzi seppellendo il “personaggio” ancor di piu’ tra carta ed inchiostro. Il pubblico , molto probabilmente, seguendo un cliché , applaudirà quella “bella cornice” e... felici e contenti , l’attore andrà via empio di se stesso (che già possiede dalla nascita) ed il pubblico al primo caffè avrà digerito suoni e parole . Ed il testo, i personaggi ... i pensieri...le passioni ... la storia ? Non rimarrà niente ! Ed il fatto piu’ tragico non rimarrà neppure all’attore ... che tristezza il “teatro”!!!
 
§... [STANISLAVSKJI E IL PUBBLICO]
Nonostante lo stesso Stanislavskji, fosse un fautore della famosa “quarta parete” ed insisteva nel dire di ignorare il pubblico, in realtà la sua continua ricerca della Verità , le meticolose regie, i continui esercizi sull’attore e gli innumerevoli sforzi oltre il possibile, rasentando la patologia , erano si, mirati alla sacralità del testo , ma anche al profondo rispetto verso coloro che alla fine erano i “fruitori” della comunicazione teatrale. L’effetto del pubblico sull’attore puo’ essere devastante. [...il suo “magnetismo”, la consapevolezza di avere “quegli occhi “ fissi a spiarci come dal buco della serratura, creano come impatto , un poderoso vortice che ci frastorna, ipnotizza , puo’ inibire la fantasia dell’attore o sollecitare in lui esibizionismi, narcisismi che inquinano la sua attività di interprete...]
 
L’attore dipenderà dal pubblico e quest’ultimo (inconsapevolmente) è responsabile del “fallimento del dramma” .
Per esorcizzare la presenza “estranea” (al primo impatto), Stanislavskji attivava dei meccanismi che invigorivano la capacità di concentrazione, d’attenzione e la famosa “solitudine in pubblico”, elementi necessari all’attore per essere sempre “personaggio” e quindi al di sopra del “mondo finto” che lo circonda. Al contrario il “personaggio” puo’ esorcizzare il pubblico, semplicemente “incontrandolo” ... un incontro che va oltre la comunicazione “visiva” , “acustica”... ma da subconscio a subconscio .
 
La presenza del pubblico a teatro è un elemento da cui non si puo’ prescindere e questo vale per tutti i tipi di teatro : “a quarta parete” “di corte” il “Kabuki” o “no” giapponese , il teatro “aperto” “chiuso” ect...
 
Il “pubblico” è “l’atto finale” , che potrebbe anche non esistere affatto e cio’ non toglierebbe niente al “QUADRO” , all’atto artistico partorito dall’ultima comparsa ai protagonisti , da tutti coloro che hanno dato “forma e vita” all’evento ,alla “storia”, soprattutto oltre il testo scritto, invadendo i “personaggi” , scoprendoli nelle loro parti piu’ intime: ogni pensiero, ogni movimento, ogni passione o sentimento, ogni respiro del “personaggio” diventa dell’attore .
 
E l’attore diventa personaggio, personaggio vero, vivo in un mondo finto di cartapesta, luci ad alto wattaggio e su uno spazio finito come le tavole di un palcoscenico.
 
Tutto questo basta all’attore ?
Si!
L’attore una volta “assolto” questo compito, ha concluso la sua esperienza e non ha di certo bisogno di “rappresentarlo” per essere gratificato, egli oramai porterà per sempre (spettacolo o no) cucita, incollata, fusa alla sua pelle, la pelle del personaggio creato.
 
Ogni parola o sentimento vissuto nel “sogno” del personaggio , avrà incondizionatamente nel tempo il DUBBIO ... forse con il tempo confonderà i “sogni creati” e i ricordi di vita vissuta reale, avrà sempre la sensazione di aver vissuto tante vite , quante i personaggi creati... e se accade tutto questo , l’attore ha di certo compiuto il famoso “atto artistico”, quello che il tempo non potrà demolire, cancellare ... ETERNO! Ma solo il tempo puo’ dare codeste conferme.
 
Ritorniamo al nostro “pubblico”.
Se,allora,all’attore basta questo per essere gratificato, perchè lo spettacolo ?
Se tutto questo basta e gratifica l’attore, non sarà cosi per il “personaggio”, costui ha bisogno, non solo di essere VIVO, ma di VIVERE oltre lo spazio scenico e soprattutto oltre l’attore, nelle coscienze della gente, ha bisogno di “mostrarsi” vivo non agli occhi, ma all’animo della gente.
L’attore non puo’ “egoisticamente” negare l’appariscenza della vita del personaggio, non puo’ limitarlo e costringerlo a vivere solo in se stesso.
 
... ed anche per voi , signori! Tisolo l’ho ammazzato io!... .... voi conoscete la mia storia ... la verità... non mi tradite, se avete cuore non potete...” Nanni’ racconta la sua storia e cerca “disperatamente” un complice:
il pubblico!
 
E a poco a poco, nel corso dei “flash” cronologici da lei, piu’ che raccontati, vissuti...con la stessa carica emotiva, passione cui ha vissuto il suo passato ... il pubblico le appare davanti, si materializza , dapprima come un corpo senza forma, abbagliante, sfuocato, poi sempre piu’ nitido, fino ad assumere una forma ... un corpo in piena sintonia frantumando la “quarta parete” e Nanni’ sa che è il suo ultimo tentativo di farsi accettare viva... e non solo, pretende che essi siano complici della sua menzogna appena evocata (non è piu’ l’attore-personaggio che parla , ma è il personaggio-personaggio).
Lei non vuole presentarsi al suo “boia” da sola, ma insieme al pubblico (lo stesso che l’ha accettata viva).
 
Se Nanni’ è riuscita ad ottenere tutto questo, se è riuscita ad arrivare al cuore di 1, 2 ,10 o 100 persone , con costoro avrà vissuto insieme l’ATTO FINALE, e non c’è cosa piu’ stupenda per l’attore e lo “spettatore”.
 
Quindi il “pubblico” come catodo , polo ricevente dell’evento teatrale. Ma c’è bisogno che lo stesso pubblico divenga catodo o polo...
 
Oggi il pubblico è frastornato dai messaggi “demenziali” televisivi, sopraffatto da messaggi falsi e opportunistici che si spacciano come “nuova cultura”, soffocato dai grandi classici e da una drammaturgia di cassetta... per tutto questo, è assai complesso “educare” il pubblico ad assumere il suo ruolo nell’universo teatrale (d’altronde è anche un suo diritto), ma non puo’ essere questa difficoltà , la responsabile o l’alibi o la giustificazione per l’attore ed il suo “teatro” a distorcere il “teatro” in cui si crede.
 
§.... ... il senso del Teatro
Stanislavskji affermava “... se il senso del teatro fosse solo divertimento degli spettatori,non sarebbe valsa la pena dedicarci tanta fatica...” Ma allora qual’è il “senso” del Teatro ? Puskin definiva l’arte drammatica come la capacità di trasmettere le verità di passioni... Stanislavskji che è stato sempre fedele a questa massima, soleva aggiungere “... non c’è cosa peggiore nell’arte drammatica che la tendenziosità esagerata che non contiene “uomini vivi”...
 
UN OPERA D’ARTE,poesia...prosa...musica...pittura, un qualsiasi ATTO ARTISTICO è un ESSERE VIVENTE -(C.L.Ragghianti in “arti della visione”)
 
Molti attori ricercano stimoli per “la creazione” al di fuori di essi, e ritengono fondamentali gli elementi esteriori ... la luce , la musica, la scena,il costume ...l’applauso.
 
La “responsabilità” dello spettacolo per costoro è legata esclusivamente o almeno prioritariamente alla messa in scena esteriore... “ deve funzionare !
Possono anche esserci tra loro, dei veri e propri talenti naturali, ma con il tempo disperdono e spengono il loro talento... pur di non attingere le forze creative da se stessi. Si autocensurano, sopravvalutando il loro “istinto artistico”   e le loro  “passioni personali” ... che non sempre funzionano! Ed allora amano trincerarsi dietro “l’ispirazione” che non è sufficientemente stimolata!
Ma la sola “ispirazione” (anche nel caso in cui non fosse mai latitante) non basta!
 
Sempre in “arti della visione” , Ragghianti registra un passo di Antonini (da “surrealismo e psicanalisi”) il quale definisce : “...l’arte è una intuizione spontanea, che sorge dallo psichismo inconscio , e si fissa in una forma intelligibile, luminosa, comunicabile ...
“ Il punto essenziale sta nel rapporto tra ISPIRAZIONE ed ESPRESSIONE . L’ISPIRAZIONE nasce spontaneamente come intuizione originaria nativa, irrefrenabile, dalla profondità dell’inconscio. L’EPRESSIONE è elaborata dall’io, dalla coscienza , dalla personalità vigile, tesa,orientata, storicamente condizionata dall’artista in cui si riflette e vive e diviene e trasforma tutto un mondo sociale e morale...”
È la tensione tra questi due parametri che fa scoccare la scintilla dell’opera d’arte, tanto piu’ grande, universale, classica ed eterna, quanto piu’ i due poli tra i quali la scintilla è scoccata sono carichi di energia, cioè quanto piu’ da un lato ci sono emozioni ricche, potenti, erompenti e dall’altro una forza controllata ed armonica che dà loro una universale e comunicabile veste di bellezza ed armonia... un composto e dinamico equilibrio di toni, simboli, di concetti... suoni...colori ...
 
La sola ISPIRAZIONE , l’istinto senza controllo dell’io, della forma espressiva , porta al delirio schizofrenico , al sogno folle, alla fantasia sensa senso, all’arte informale, incomunicabile!
 
Un “io” (ESPRESSIONE) robusto, colto, ancorato alla storia e alla realtà sociale ... ma senza passione (ISPIRAZIONE) da luogo “all’ornamento calligrafico”, all’imitazione a freddo dei grandi modelli, al gesto che si balocca con se stesso, alla perfetta costruzione senza anima senza Verità conquistata e senza il divino della FOLLIA (di cui tanto parlano Platone ed Erasmo e senza la quale l’artista non ha senso di esistere).
 
§....”... il regno della bellezza “
Allo stesso modo Stanislavskji parla della “purificazione dell’istinto” grazie al pensiero, la coscienza, con la ricerca del bello in se stessi e gli altri.
... se non c’è amore per l’uomo, se non c’è gioia ed apertura mentale, non c’è modo di aver successo in arte...
 
Il “regno della bellezza” stanislavskjiana rappresenta lo stupendo equilibrio tra “ispirazione” e “espressione”, capace di partorire il famoso “atto artistico”.
 
Ma come “conquistare” il “regno della bellezza” ?
 
Stanislavskji ci suggerisce  : “ ... ama non te stesso nell’arte , ma l’arte in te stesso...”.
 
Secondo Stanislavkji, solo in questo modo, si puo’ assistere a quell’atto meraviglioso della “VIVIFICAZIONE SCENICA” : 
la creazione , il sublime “atto artistico” dell’attore.
L’espressione è diversa dall’effetto teatrale
Il sentimento interiore è diverso dalla forma esteriore
L’azione è diversa dal clichè
Interpetrare è diverso dal recitare
La vita è diversa dall’imitazione
Il bello è diverso dal piacevole
 
Ed è proprio “il piacevole” che spesso si sostituisce al “bello” che rappresenta la trappola per l’attore, cioè l’ostacolo maggiore che non permette all’attore di portare in scena “personaggi vivi”.
Il catalizzatore del “piacevole” è sicuramente la “meccanicità”, con tutti i suoi clichè che riempiono i vuoti e si “saldano” alla pelle dell’attore che inconsapevolmente o consapevolmente (molto spesso) li arricchisce, li esagera e li fa suoi ... fino a diventare la sua seconda natura, l’altra natura!
Ed è proprio quest’altra natura che si attiva sul palco (nelle prove o nella rappresentazione) automaticamente scatteranno i “clichè” , uno per ogni situazione, emozione... probabilmente col tempo questo tipo di attore si “professionalizzerà” , allenando i suoi muscoli e sviluppandoli per mettere in pratica stereotipi già collaudati pronti per l’uso , per qualsiasi personaggio ...
già il “personaggio”!
Costui sarà sempre un eterno sconosciuto ! 
... e la menzogna continua.
 
Questo tipo di attore si sopravvaluta e si convince che alla fine è in grado di “offrire” emozioni” 
Diventa “piacevole” l’illusione di offrire la “forma estetica”, il contenitore dei sentimenti, passioni,pensieri... del testo. Ma quale “forma estetica” del testo ? Al massino offrono se stessi e basta !
 
Secondo Ernst Cassirer (a proposito dell’arte Mnemonica) ,”... cogliere la forma estetica ... è reso possibile solo se produciamo, creiamo , e viviamo gli elementi della forma stessa... “.
 
Pertanto non si puo’ essere fedeli al “contenitore” se non si è fedeli al “contenuto”.
 
Il sistema di Stanislavskij , che poi “sistema” non è: mira a creare uomini capaci di “ospitare” in se stessi il “personaggio”, con tutti i suoi sentimenti, emozioni,pensieri, parole., respiri, paure...movimenti. E per fare cio’ abbiamo bisogno di fare spazio nel nostro intimo, cioè svuotarci del superfluo e della maschera di fango interiore, che la vita modella, implacabilmente, in ognuno di noi nel corso degli anni, ”coprendo” il nostro “bello” nativo, originario... con l’invidia, l’egoismo, l’odio, la forza , la vanità, la prevaricazione ... e chi piu’ ne ha, piu’ ne metta!