Stanislavskij - Il sottotesto : la musica delle nostre parole.

" Ma se è tutto qui il male! Nelle parole! Abbiamo tutti dentro un mondo di cose, ciascuno un suo mondo di cose! E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch'io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com'egli l'ha dentro? Crediamo d'intenderci; non c'intendiamo mai! … " (Pirandello - Sei personaggi in cerca d'autore). Se nel quotidiano, in cui dietro ogni parola c'è quello che realmente o mentalmente vediamo , o ciò che pensiamo e sentiamo effettivamente, allora si capisce quanto è difficile a teatro riferire il testo scritto di un autore (che molto spesso non corrisponde affatto a quello che diremmo noi).

In scena l'attore è costretto a dire ciò che non vede, che non sente e pensa lui, ma ciò che vivono, vedono e fanno i personaggi, scritti da un poeta, che egli rappresenta. Normalmente nella vita sappiamo ascoltare perché ci è utile o c'interessa. In scena si finge quasi sempre di ascoltare e di essere attenti, in realtà sappiamo già a memoria le parole, la parte del nostro compagno. Siamo costretti a farlo per essere pronti con la nostra battuta e prima o poi si sente lo sforzo e la recitazione diventa convenzionale e di mestiere. A questo si aggiunge un altro inconveniente che contribuisce ad uccidere qualsiasi vivo contatto: il testo! A forza di essere ripetuto durante le prove e gli spettacoli, si riduce a una chiacchierata, le parole si svuotano del loro contenuto e si cade nella recitazione meccanica.

L'abitudine a parlare meccanicamente in scena viene agli attori proprio da questo ripetere stupidamente le parole della parte, studiata automaticamente a memoria senza tenere conto della loro natura interiore.

Alla prima lettura di un testo, tutte le parole sembrano interessanti, nuove e necessarie, ma quando le abbiamo ascoltate molte volte e si sono via via esaurite durante le prove, le parole perdono contenuto e significato, non esistono più nel cuore, né nella coscienza di chi le pronuncia, ma solo nei muscoli della sua lingua. Da quel momento non ha più importanza quello che dicono l'attore o il suo compagno. Importa solo ricordare e dire in fretta la battuta. Non c'è speranza alcuna di comunicare.

Il gelo e l'imbarazzo che si crea in scena su una battuta saltata da un attore che mette in crisi tutto il flusso mnemonico dei presenti in scena, creando un vortice di accavallamento di battute e sguardi pietosi di chi ha sbagliato o sguardi da giudice di chi ha subito, compromettendo a volte l'intera rappresentazione, lo spettatore non distingue più il senso delle risposte, una enorme confusione lo invade e si perde irrimediabilmente, subisce passivamente "la tortura" degli attori, sperando che la rappresentazione termini al più presto. Come evitare tutto questo ?

Il Sottotesto!

Il sottotesto è la "vita spirituale", palese ed interiormente sentita "di una parte", la vita che scorre ininterrotta sotto le parole del testo ravvivandolo e giustificandolo per tutta la sua durata. Il sottotesto comprende tutte le innumerevoli linee interiori della parte (sia essa legata ad un testo drammatico o comico ) tracciate dai "se" magici e non magici, dalle finzioni dell'immaginazione, dalle circostanze date, dall'attenzione interiore, dal vero, grande o piccolo che sia e dalla convinzione che sia vero, da continui adeguamenti a tutti i momenti che si sviluppano. In definitiva dobbiamo soddisfare la domanda : " Se io fossi … cosa farei?".

Non bisogna imparare il testo, ma il sottotesto .

Per imparare il copione c'è sempre tempo (anche la sera prima!) .

La parola può eccitare tutti i cinque sensi: basta ricordare il titolo di una musica, il nome di un pittore, di un colore, di un odore… per ricordare le relative immagini visivi o uditive, olfattive o tattili e rivivere le medesime sensazioni.

In scena, le parole senza concetto non sono necessarie, come non sono necessarie quelle che non hanno alcun effetto. Le parole devono eccitare, nell'attore e nel suo compagno (e attraverso loro nello spettatore), ogni possibile sensibilità, volontà, riflessione, ogni immagine della fantasia …

Ma questo molti attori andando in scena spesso se lo dimenticano. In realtà per crearci il nostro sottotesto non dobbiamo fare altro che seguire la nostra natura: "Ascoltare" nel nostro linguaggio vuol dire "vedere quello che ci dicono"; "Parlare", descrivere le nostre immagini visive. Le parole appartengono al poeta, il sottotesto all'attore. Se non fosse così lo spettatore non avrebbe bisogno di venire a teatro per sentire l'attore, ma se ne resterebbe a leggere il dramma a casa.